
Maggio-Giugno 1940 – notizie aggiornate sulla Linea Maginot (quaderno 1)
Prefazione
Sulla storia della “linea Maginot” si sono scritte molte pagine storicamente discutibili.
Secondo i detrattori, la fortificazione in genere , essendo statica, non era di alcuna utilità nota 1 per cui i tedeschi l’hanno aggirata e sfondata in più punti.
I paladini giustificano l’invasione con il fatto che la “ Linea” si interrompeva praticamente appena a sud di Sedan lasciando il confine belga scoperto, questo perché il governo francese affermò: “non si può fortificare la frontiera di un paese amico”.
Quando il governo belga proclamò la stretta neutralità, era ormai tardi per erigere una fortificazione possente come quella costruita secondo i dettami CORF.
Inoltre i progettisti della Linea ritennero che le foreste delle Ardenne fossero invalicabili ai mezzi motorizzati per cui optarono per una fortificazione leggera in funzione anti uomo.
Sono passate ormai 3 generazioni, gli storici francesi hanno saputo trarre dalle vicende del Maggio 1940 nuovi insegnamenti in cui hanno anche rivisto il ruolo della Linea Maginot. nota 2
Basandomi su quanto scritto da questi storici ho tratto questa serie di quaderni in cui si intrecciano notizie sui combattimenti del maggio-giugno 1940 e le vicende accadute nella Linea.
Le fotografie che illustrano i presenti quaderni sono dell’autore e di suoi amici. I disegni provengono se non diversamente affermato da riviste e fascicoli , per la maggior parte, sono usciti dagli archivi della SHAT, trovati dall’autore nei mercatini di militaria ed elaborati dall’autore.
OPERAZIONI “FALL GELB e FALL ROT”
10 Maggio 1940, i tedeschi attaccano ad Ovest
La commissione della difesa delle frontiere CDF nel redigere il progetto di massima della nuova linea fortificata ( linea Maginot) aveva previsto due opportunità di invasione.
La prima, era che il nemico attaccasse frontalmente la linea fortificata, la seconda, che i tedeschi la aggirassero o da Nord, attraverso il Belgio o da Sud attraverso la Svizzera. Fosse l’uno o l’altro caso, gli invasori avrebbero dovuto fronteggiare, non solo il paese invaso, ma anche le armate francesi e inglesi che sarebbero accorse, per il patto di mutuo soccorso,in loro aiuto; per cui i combattimenti si sarebbero svolti al di fuori del territorio nazionale francese.
Nel predisporre i piani di invasione l’ OKH (Comando Supremo dell’Esercito) tedesco, agì esattamente come si aspettavano gli alti comandi francesi.
La Wehrmacht non prese mai in considerazione l’attacco diretto alla linea fortificata , ma optò per aggirarla passando dal Belgio e dal Lussemburgo anche se era cosciente delle difficoltà di sfondare nelle Ardenne per raggiungere Sedan.
A seguito di queste considerazioni si può affermare che la Linea Maginot rispose perfettamente alle previsioni dei suoi progettisti .nota 3
PERCHE’ I TEDESCHI RINUNCIARONO ALL’ATTACCO DIRETTO ALLA “LINEA”
Per trovare una risposta a questo quesito, occorre esaminare quanto conoscessero i tedeschi della fortificazione francese, e soffermarsi sui mezzi che essi avevano per attaccarla e neutralizzarla.
Sin dal 1930 lo spionaggio tedesco cercò di carpire i segreti della linea, per contro i francesi usarono ogni mezzo per assicurare il massimo della segretezza.
I siti delle opere erano chiaramente visibili, era praticamente impossibile nascondere un cantiere pur cercando di mascherarne i lavori, usando capannoni o teloni, inoltre l’entità dei mascheramenti dava l’indicazione della dimensione della fortificazione.
L’impressionante quantità di manodopera, di tutte le nazionalità, era un altro punto debole, anche se ogni uomo impiegato nella costruzione, all’atto dell’assunzione, passava al vaglio del controspionaggio e si doveva impegnare per scritto a non divulgare alcuna notizia.
I tedeschi attraverso questa massa di operai riuscì di sicuro ad avere informazioni sul cemento armato, quali fossero le proporzioni dei componenti dell’amalgama, gli spessori delle volte e delle pareti , la disposizione e l’entità delle strutture sotterranee.
Si sa di certo che lo spionaggio tedesco riuscì ad impadronirsi di alcuni progetti e riuscì anche a carpire informazioni molto dettagliate.
Nel 1935, allorché le opere murarie terminarono, fu facile determinare il tracciato della linea fortificata e quali fossero le opere che la componevano. Seguendo l’istallazione del sistema d’arma in una cannoniera fu facile per i tedeschi, determinare per estrapolazione, entità dell’ armamento di tutta la fortificazione.
Il 1 aprile 1936 la Wehrmacht pubblicò un opuscolo intitolato “Grosses Orienterungsheft Frankreich” in cui riuniva, in modo molto superficiale, una sintesi dell’informazioni in suo possesso. Tre anni dopo nel novembre 1939 lo spionaggio era in grado di pubblicare un secondo opuscolo “Die franzosische Grenzbefestigung im Abschnitt Mosel-Kanalkuste” in cui vennero raccolte una grande quantità di informazioni molto precise, nell’aprile 1940 uscì una seconda edizione rivista ed implementata.
Dal settembre 1939 la Luftwaffe iniziò a sorvolare e fotografare la “Linea”, in seguito i tedeschi riuscirono a localizzare la maggior parte dei componenti la linea fortificata ma non furono in grado di distinguere i vari tipi di opere. infatti tutte le opere furono identificate da un numero progressivo preceduto dalle lettere PW (“panzerwerk” acronimo tedesco di officina corazzata).
Il comando supremo cecoslovacco, visto il riarmo della Germania ( iniziato in modo nascosto sin dall’ascesa di Hitler al potere e poi denunciato apertamente nel 1938), decise di creare una linea fortificata di fronte alla Slesia tedesca, tra Riesengebirge e il fiume Oder. Questa linea doveva raccordarsi con il sistema fortificato polacco.
Francia a seguito degli accordi militari con la Cecoslovacchia, propose un’assistenza tecnica, fornendo all’alleato, alcuni progetti derivati dalle realizzazioni francesi.
Nell’agosto 1934, una delegazione Ceca visitò la linea Maginot in Alsazia, le casematte del Reno e le opere nella zona di Modane ( linea Maginot del Sud-Est o delle Alpi).
Nel Maggio 1935 a Strasburgo venne organizzato uno stage per ufficiali addetti alle fortificazioni,con visite alle varie opere della “Linea”. Parallelamente ufficiali francesi vennero distaccati presso la ROP (corrisponde alla CORF francese Commissione Organizzazione Regioni Fortificate) come consiglieri, le informazioni date dai francesi riguardavano la progettazione e la costruzione delle opere; mentre i sistemi d’arma e le attrezzature tecniche erano di produzione nazionale.
La realizzazione delle zone fortificate era prevista in quattro tappe:
1^tappa 1936-1941 fronte potentemente fortificato tra il fiume Oder e il fiume Elba,la difesa del Danubio e una linea difensiva leggera della Slovacchia del Sud.
2^tappa 1941-1945 potenziamento a sbarramento totale sia della difensiva della Slovacchia del Sud, sia della frontiera Ovest della Boemia.
3^tappa a partire dal 1946 fortificazione della frontiera con l’Austria.
4^tappa fortificazione della frontiera con la Polonia.
Nel marzo 1936 iniziano i primi lavori della 1^ tappa. Nel marzo 1938, la Germania si annesse l’Austria per cui la linea fortificata poteva essere aggirata da Sud.
Nel settembre 1939 i Tedeschi annessero i Sudeti e con gli accordi di Monaco, occuparono la linea fortificata, i Cechi, prima dell’occupazione, la privarono di tutto il materiale tecnico e bellico.
L’occupazione della Cecoslovacchia dette modo ai tedeschi di stimare per comparazione l’efficienza della linea Maginot francese e di eseguire esperimenti.
Si provò quindi, con l’artiglieria convenzionale, a perforare le pareti e le volte dei differenti tipi di blocchi di combattimento, si provò l’effetto delle cariche cave sulle corazzature.
L’ aviazione (Luftwaffe) esperimentò l’uso dei bombardieri in picchiata (Stuka) nel bombardamento a bassissima quota sulle opere fortificate (Il blocco K24 di Bouda fu sede di un tale esperimento).
nota 4
I tedeschi trassero le seguenti conclusioni:
1° Un attacco frontale quasi sicuramente poteva essere respinto, a seguito del volume e della potenza di fuoco di un’opera e del reciproco appoggio dato dal tiro di fiancheggiamento.
2° Il fronte di gola era il punto più vulnerabile.
3° Le sovrastrutture resistevano bene al tiro dell’artiglieria pesante che difficilmente potevano distruggere le volte in cemento armato rinforzato da putrelle.
4° Le corazzature: feritoie e specialmente le torrette erano molto vulnerabili al tiro teso a forte velocità iniziale ( un cannone controcarro PAK 37mm fora, ad una distanza di 800 metri, da 4 a 5 cm di acciaio ; un cannone contraereo FLAK 88 mm fora, ad una distanza di 1500 metri, 18 cm di acciaio).
Sulla base di queste nozioni definirono il metodo di attacco alle opere fortificate, tale metodo era distinto in quattro fasi:
Prima fase: bombardamento con artiglieria pesante, non con lo scopo di neutralizzare la fortificazione ma di distruggere i reticolati , creare in prossimità dei blocchi dei crateri in cui gli attaccanti potessero nascondersi e avvicinarsi alle casematte; inoltre, la proiezione di terra e macerie, occludendo le feritoie, rendevano cieca la fortificazione.
Seconda fase: attacco con aerei da bombardamento in picchiata , questo punto non sempre poteva essere utile. Con la prima e la seconda fase si doveva, se possibile, sconquassare i blocchi e demoralizzare gli occupanti e permettere agli artiglieri di portare a una distanza ridotta i loro pezzi a tiro teso.
Terza fase: l’ artiglieria pesante mutava, obiettivo tirando sugli osservatori e sui forti vicini, nel frattempo i cannoni a tiro teso dovevano neutralizzare le corazzature e i pionieri avanzavano in mezzo ai reticolati , usando i numerosi crateri per serrare sotto.
Infine quarta e ultima fase: al cessare del tiro d’artiglieria, le truppe d’assalto superavano gli ultimi metri, prima che i difensori avessero tempo di reagire, piazzavano delle cariche esplosive sulle corazzature ( torrette e feritoie) Se era possibile si doveva gettare all’interno della fortificazione dei fumogeni e delle granate per annientare gli occupanti. Il perfetto coordinamento delle fasi durante l’attacco, non permetteva ai difensori di riguadagnare i posti di combattimento; inoltre il susseguirsi delle esplosioni non dava loro modo di distinguere le fasi dell’attacco. Una precisazione: non era previsto che l’assaltatore penetrasse nell’opera, era sufficiente che la neutralizzasse.
Questo piano di attacco e neutralizzazione non era infallibile se la fortificazione seguiva alcuni accorgimenti.
L’ opera fortificata costruita secondo i piani della CORF, in cui le artiglierie agivano con tiro di fiancheggiamento e le torri corazzate a scomparsa sotto il bombardamento restavano eclissate, non poteva reagire all’attacco, doveva quindi lasciare ai suoi vicini la difesa. Pertanto ,l’attacco poteva avere successo se, non solo l’opera attaccata era neutralizzata, ma lo erano anche le sue vicine. Inoltre era indispensabile che non vi fossero delle casematte “de Bourges” ( il cui tiro era di fiancheggiamento) che erano praticamente impossibili da distruggere. Pertanto la lunghezza della fronte da attaccare simultaneamente era di circa 24 chilometri. A seguito di queste constatazioni, i tedeschi decisero che non era utile lanciare un attacco frontale alla linea fortificata, ma l’attacco doveva avvenire dove essa era sprovvista d’artiglieria, in tal modo il fronte di attacco si riduceva. In un zona fortificata con sole opere per fanteria , la copertura data dalle fortificazioni laterali non superava i 1200 metri, il che riduceva il fronte d’attacco a meno di tre chilometri. Di conseguenza solo tre zone presentavano queste caratteristiche e potevano essere attaccate con successo: le fortificazioni del Nord , quelle della “Trouée” (il buco) della Sarre e la linea delle casematte del Reno. A seguito di queste considerazioni l’attacco a Ovest fu concentrato prevalentemente in queste tre zone.
I PIANI DI ATTACCO TEDESCHI “FallGelb e Fall Rot” nota 5
Fin dal 1936 gli strateghi tedeschi studiarono un ipotesi di offensiva a Ovest, ebbero modo di sviscerarla a fondo, senza per altro dar prova di originalità. Il piano non era altro che una riedizione aggiornata di quello del 1914.
L’OKH aveva delle perplessità per cui Hitler stesso, fissò nell’ottobre 1939, l’obiettivo del piano Fall Gelb, secondo questo, si doveva occupare, in modo più esteso possibile, il litorale di fronte all’Inghilterra, scopo che si doveva ottenere sia con un’avanzata in Belgio, a Nord di Liegi, sia occupando il litorale olandese.
Il piano, presentava molti punti oscuri, alla fine del mese,venne modificato prevedendo il massimo sforzo al centro del dispositivo francese e non più sul fianco destro.
Sia nella prima ipotesi che nella seconda, si doveva assolutamente respingere il nemico, obbligandolo ad arretrare davanti a se, non si doveva, comunque, ingaggiare una battaglia decisiva.
Nel novembre 1939 il generale von MANSTEIN, capo di stato maggiore del generale von RUNDSTEDT, comandante del Heeresgruppe B ( gruppo d’armate B), propose un modo di impiego della forza di sfondamento totalmente diverso. Secondo von Manstein, appoggiato dal generale GUDERIAN si doveva rinchiudere le armate alleate in una sacca di piccole dimensioni.
Il piano poteva essere considerato audace, la manovra non era affidata a una sola una divisione blindata, ma a un raggruppamento di divisioni blindate, questa forza aveva di fronte a se, due difficoltà, che, se cumulate, potevano portare al disastro.
La prima era data dalla natura stessa del terreno (Ardenne), solcato da valloni, boscoso, attraversato da corsi d’acqua che erano si, poco profondi, ma che potevano rallentare l’avanzata, soprattutto se si fosse ostruito i rari assi di penetrazione con delle distruzioni programmate.
Si poteva prevedere che sia i belgi che i lussemburghesi attuassero massicce ostruzioni, anche il successivo percorso in Francia per raggiungere il fiume Mosa poteva essere ostico essendo quest’ultimo guarnito di solide fortificazioni.
La seconda difficoltà che si sarebbe potuta presentare all’avanzata tedesca, le divisioni corazzate tedesche dovevano sfilare di fronte alla linea Maginot, da cui erano da prevedersi sortite, sostenute da blindati e con l’appoggio dell’aviazione. Le truppe tedesche sarebbero divenute facili bersagli su un percorso irto di ostacoli e senza vie di fuga.
L’OKH, viste queste difficoltà, continuò a sostenere uno sfondamento al centro per cui all’operazione sud assegnò solo due divisioni blindate. Il generale Guderian non gradì affatto tali decisioni.
Un Kriegspiel ( consiglio di guerra) venne organizzato per il 7 febbraio 1940, a Coblenza, vennero messi in evidenza i vantaggi del piano, venne presentato il piano giallo definitivo, in cui si prevedeva la concentrazione al sud dei blindati. Il piano venne presentato a Hitler, il Fuhrer fu convinto dalle idee del generale von Manstein ( se Hitler avesse avuto dei dubbi, il generale Guderian era pronto a confutarli).
L’ardito piano di von Manstein era condizionato dal luogo preciso del punto di attacco, lo Schwerpunkt.
Il punto scelto era in mezzo alle due ali francesi, quella di sinistra che poteva entrare in Belgio e quella di destra che si appoggiava alla “Linea”, considerata dai tedeschi se non imprendibile molto difficile da neutralizzare.
Il Schwerpunkt sarebbe stato Sedan, vediamo ora perché questa località.
Il maggiore von Stiotta, il 7 febbraio 1940 durante il famoso Kriegspiel di Coblenza, diede al generale Guderian la seguente informazione: a partire dalla testa di ponte di Montmédy, la Linea Maginot lasciava il posto ad una fortificazione più leggera.
A conferma di questi fatti, il generale Guderian nelle sue memorie recita: le mie stime sul valore delle fortificazioni di frontiera, vennero confermate dallo studio minuzioso del maggiore von Stiotta, consigliere del genio del gruppo d’armate. Il maggiore von Stiotta si basa essenzialmente su uno studio molto preciso di foto aeree , per questo i suoi argomenti non possono essere contestati.
Il maggiore von Stiotta aveva perfettamente ragione, le fortificazioni francesi della Mosa avevano un valore difensivo molto modesto, anche se il generale Huntziger finse di ignorarlo.
Vai Avanti e Leggi il “Maggio-Giugno 1940 – notizie aggiornate sulla Linea Maginot (Quaderno n°2)”
NOTE
nota 1: Ignazio Bertola, il grande progettista. delle fortificazioni piemontesi affermò: non esistono fortezze inespugnabili è solo un problema di mezzi e di tempo. L’eccellenza di una fortificazione consiste nella sua capacità di contrapporsi al nemico e ritardarne ogni progresso.
nota 2: Ormai la grandeur predicata dal generale De Gaulle fa parte di un passato remoto per cui i tanti libri tra cui ”100000 morti dimenticati” scritto da Jean-Pierre Richardot.( edizioni Le Cherche Midi) in cui accusa i suoi compatrioti di considerare i morti del maggio, giugno 1940 caduti di serie B , oppure quanto hanno affermato da Jean-Yves Mary e Alain Hohnadel nella collana Hommes et Ouvrages de La Ligne Maginot , ristabiliscono una amara verità: i generali francesi che avevano vinto la grande guerra. si erano fossilizzati, cullandosi su una illusoria superiorità.
nota 3: La Francia, con la vittoria del 1918 ritornò in possesso dell’Alsazia e della Lorena, che aveva perso con la guerra del 1870. Il vecchio sistema fortificato Séré de Riviéres lasciava scoperti questi territori e la fortificazione ottocentesca aveva dimostrato, durante il conflitto, tutti i suoi limiti.
La Francia visto il suo sistema di mobilitazione, aveva necessità di disporre 15 giorni per poterla effettuare; inoltre la Germania,sebbene indebolita dalle clausole del trattato di Versailles, tra cui ricordiamo : l’occupazione della riva destra del Reno e l’economia stritolata da un debito di guerra colossale( 132 milioni di marchi oro),aveva il potenziale industriale e territoriale intatto.
Il territorio metropolitano tedesco non era stato toccato dalla guerra, ne aveva sofferto l’ occupazione da parte del nemico, inoltre il suo potenziale demografico, a dispetto dei due milioni di morti, era ancora relativamente alto ( due milioni di morti rappresentava solo 9,8 % della popolazione maschile).
Tutte queste considerazioni e altre che vedremo in seguito fece si che la Francia decidesse di costruire una linea fortificata che partisse da Sedan per arrivare a Cap Martin sul Mediterraneo , la linea fu denominata “ Maginot “ ( La Francia fortificò nelle Alpi a causa delle pretese mussoliniane seguita alla vittoria mutilata).
nota 4: Nel novembre 1941 le forze armate tedesche pubblicarono un documento sintetico sulla fortificazione ceca, il cui titolo è: Denkscrift uber die tschekoslowakische Landesbefestigung.
nota 5: Fall Gelb =Piano Giallo; Fall Rot = Piano Rosso.