
La Fertè: olocausto di un equipaggio (quaderno 5)
Ricapitoliamo i fatti che hanno portato alla caduta dell’opera.
In nessun’altra azione contro la Linea Maginot si ebbe un così alto numero di caduti , anzi , come vedremo , la maggior parte delle poche (relativamente) perdite, si ebbero tra le truppe di intervallo,tra gli equipaggi delle casematte della sponda del Reno e delle piccole casamatte costruite dalla manodopera militare (MOM). La morte per asfissia dei 104 uomini dell’equipaggio di La Fertè presenta ancor oggi molti lati oscuri, nonostante molti giornalisti e storici francesi e non,abbiano indagato e scritto su questo fatto. Purtroppo, non si è trovato, ne il giornale di fortezza ne un diario o uno scritto lasciato dal comandante dell’opera (o da chi per esso), si ha solo la trascrizione delle comunicazioni radio e telefoniche, per altro incompleta e interpretata da uomini coinvolti nella vicenda (e i rapporti tedeschi).
Prendiamo in esame i vari fatti che portarono alla perdita della fortificazione:l’attacco tedesco si svolse secondo lo schema teorizzato e sperimentato sulla fortificazione ceca, il comando francese fu colto di sorpresa e non seppe reagire efficacemente all’azione dell’artiglieria e all’assalto delle truppe tedesche.
La Divisione tedesca di Fanteria 71 non era addestrata all’assalto di una fortificazione, non aveva in dotazione nessuna arma speciale,infatti, oltre all’armamento convenzionale, aveva un solo lanciafiamme il cui portatore fu ucciso nelle prime fasi dell’attacco.
Non dobbiamo però dimenticare gli uomini del 171° Battaglione Pionieri ( PiBat 171) nota 35, questi erano sicuramente addestrati all’uso degli esplosivi e addestrati all’attacco di una fortificazione.
Gli esplosivi utilizzati per danneggiare le corazzature erano quelle in uso fin dal primo conflitto mondiale e consistevano in un pacco di cariche (Sprengkorper Fp 02 o tolite 02) fissate su un piccolo asse con un innesco formato da una miccia lenta unita ad un accenditore a trazione, questo per permettere di comandarne l’esplosione a distanza. Quasi sicuramente l’esplosivo era fissato su una pertica per permettere di avvicinarlo alle feritoie;
non vennero utilizzate le cariche cave, in quanto le poche a disposizione furono tutte impiegate sul forte belga di Eban Emael,.
L’unica vera novità, usata nell’attacco, fu l’impiego dell’artiglieria a tiro teso con i cannoni piazzati a piccola distanza dall’obiettivo,infatti i quattro cannoni contraerei da 88 mm, furono schierati nei pressi del paesino di FROMY, a circa due chilometri da La Fertè. Questi cannoni furono scambiati dagli osservatori d’artiglieria francesi come cannoni montati su affusto ferroviario.
Dobbiamo inoltre sottolineare che,a causa di una cattiva visibilità che impediva una perfetta regolazione dei tiri, non furono praticamente controbattuti dall’artiglieria francese.
Recapitoliamo ora rapidamente il susseguirsi degli avvenimenti: a partire dal 17 maggio il forte venne sottoposto a un inteso bombardamento, questo non fece quasi nessun danno alla fortificazione ma distrusse i reticolati e creò numerose grandi buche ( crateri) in cui i pionieri poterono nascondersi e avvicinarsi alle corazzature, il tiro delle torrette AM e GFM di entrambi i blocchi non riuscì a difendere i reticolati.
L’equipaggio attese passivamente la fine del tiro nemico, questo avrebbe annunciato l’attacco vero e proprio,attacco che prese di mira, per primo, il blocco 2. La difesa di questo blocco fu subito problematica, anzi praticamente impossibile, ricordiamo che, durante l’assalto dei pionieri, il sistema d’arma della torretta AM era nella ferritoia di destra, cioè quella che teneva sotto tiro la strada per il villaggio di Villy e che, molto probabilmente, uccise il portatore del lanciafiamme.
La torretta GFM non era presidiata sin dall’inizio del tiro di artiglieria, tiro che sfondò la feritoia rivolta verso la provenienza del tiro nemico e in cui era inserito il visore diascopio (sorta di binocolo per l’osservazione), di conseguenza il fucile mitragliatore era nella feritoia opposta , quella rivolta verso quota 226, lo sfondamento della feritoia causò la morte dei tre uomini che la occupavano.
La torre corazzata a scomparsa per armi miste era bloccata in una posizione intermedia con le feritoie rivolte verso quota 226, quindi non potè respingere l’attacco proveniente dal villaggio di Villy, non è dato a sapersi, con certezza, perché la torre si bloccò, alcuni ipotizzarono che il sottotenente Thouément, al comando del blocco2,non potendo usare per l’osservazione la torretta GFM neutralizzata, decise di portare la torre corazzata a un altezza sufficiente all’osservazione usando il visore del sistema di puntamento,in tale posizione la torre non appoggiava ne sui blocchi d’appoggio per torre eclissata, ne su quelli per torre in batteria, di conseguenza colpita sulla calotta da un proietto d’artiglieria divenne inutilizzabile (vedi fotografia in cui si vede chiaramente il segno dell’impatto )
Altre ipotesi: il guasto fu causato da una esplosione nelle vicinanze o ancora fu un guasto meccanico, sembra infatti, che questo tipo di torri fossero frequentemente soggette a questo inconveniente.
Secondo i rapporti tedeschi, contrariamente a quanto sostenuto dai francesi, la torre non fu distrutta durante il primo assalto al blocco 2, il tenente Gemser, al comando dei pionieri, si limitò a mettere una carica nella feritoia di destra per cui il sistema d’arma fu divelto e piombò nella camera di tiro, il sottotenente Thouèment intento all’osservazione attraverso l’ottica di puntamento fu scaraventato al piano sottostante, riportando lievi ferite.
Sempre secondo i rapporti tedeschi, la distruzione totale della torre avvenne in serata durante l’attacco al blocco 1, fu appoggiata una grossa carica sulla parete della camera di combattimento della torre, l’esplosione fece sollevare la torre e quindi ricadere di traverso sulla sua sede.
Vediamo ora quali furono le azioni dell’artiglieria che avrebbe dovuto coprire il forte.
In difesa della PO de La Fertè, avrebbe dovuto agire tutta l’artiglieria della 3^Divisione di Fanteria Coloniale(DIC), ossia il 3°Rreggimento d’Artiglieria Coloniale (RAC) ,il 203°Reggimento d’Artiglieria Pesante Coloniale(RAPC).
La fanteria schierata nel settore godeva anche dell’appoggio del 145°Reggimento d’Artiglieria Pesante Ippotrainata ( RALH); tutta l’artiglieria sopra menzionata intervenne in modo insufficiente, vedi nullo; da parte francese si è sempre sostenuto che gli osservatori dell’artiglieria non poterono compiere la loro missione a causa dell’artiglieria nemica e del fumo che ricopriva il mammellone della Croix de Villy., per cui l’assalto tedesco passò inosservato.
Questo può essere valido per gli osservatori dietro la linea delle opere, non per quelli laterali, questi,infatti, individuarono sia l’avanzata dei pionieri d’assalto, sia i movimenti della fanteria tedesca.
In conclusione solo la torre corazzata da 75mm modello 1905 di reimpiego del forte di Chesnois sparò con tiro di spidocchiamento sulle superstrutture del forte, operando al limite della portata dei cannoni della torre.
Come abbiamo già detto, il 18 giugno verso le 19 il comandante del 18° Corpo d’Armata e il comandante della 6^Divisione di fanteria ordinarono il contrattacco voluto, sin dal 17 giugno, dal generale Huntziger, ricordiamo che la manovra aveva il compito di riconquistare le posizioni sul fronte Malandry.Inor e liberare il forte de La Fertè.
A sostegno delle truppe francesi doveva intervenire tutta l’artiglieria francese del settore, per evitare che gli osservatori tedeschi sulla riva destra della Chiers non potessero scoprire il teatro dell’azione, il tiro non fu preceduto dal solito tiro di preparazione,anzi al III/20° RANA (Reggimento Artiglieria Nord Africana), che aveva scoperto dei movimenti tedeschi, per tre volte, fu ordinato di non sparare.
Secondo la testimonianza del comandante l’artiglieria del forte di Chesnois il 18 maggio, verso le sette pomeridiane, ricevette l’ordine da un ufficiale dello stato maggiore di non sparare sul forte de La Fertè tranne per eseguire un tiro a tempo con proietti a frammentazione, il tiro fu eseguito nonostante i dubbi sull’ efficacia di un tale tiro a una distanza di 7000 metri.
Il comandante dell’opera, tenente Bourguignon, era stato informato del contrattacco che doveva liberare il suo forte, ma non seppe che il tiro d’artiglieria era sospeso e non venne avvisato che i pionieri tedeschi erano sul tetto dell’opera. di conseguenza non rinforzò la difesa del blocco 1 e non richiese un tiro di spidocchiamento al I/3°RAC con il quale era in collegamento telefonico.
Questi ordini contradditori , questa mancanza di colloquio tra il comando della PO e l’artiglieria fece si che i tedeschi poterono operare indisturbati sul tetto del blocco 1.
Entriamo ora nel campo delle supposizioni:l’opera, era sotto attacco, l’aria esterna era, di certo, inquinata dai gas delle esplosioni, per cui la porte stagne erano chiuse, la ventilazione in funzione in regime aria gasata ,di conseguenza l’opera doveva essere in surpressione.
L’intero equipaggio era, di certo, sfinito per la mancanza di riposo, mancanza dovuta a due giorni di bombardamento ininterrotto ; l’equipaggio del blocco2 ebbe un ulteriore trauma causato dalla distruzione della feritoia della torretta GFM del loro blocco e alla conseguente morte dei tre uomini che la occupavano.
Come reagì l’equipaggio del blocco 2 all’attacco dei pionieri sul tetto del loro blocco? Il frastuono dell’esplosione delle cariche, contro le feritoie,la distruzione delle chiusure interne dovute agli esplosivi lanciati dalle feritoie distrutte delle torrette,, i fumi tossici,la rottura delle canalizzazioni del sistema di ventilazione, l’esplosione delle lampade dell’illuminazione, la distruzione di un complesso d’arma delle torre a scomparsa e la neutralizzazione della torretta AM,generò negli uomini la certezza che il blocco stava per essere distrutto.
Questa certezza fece si che l’equipaggio, in preda al panico, aprisse le porte stagne,discendesse nella galleria e risalisse nel blocco 1oppure il comandante del blocco, sottotenente Thouément, ordinò l’evacuazione di tutto il personale.
I fuggitivi si affollarono nel piano inferiore del blocco 1, il piano superiore non era accessibile se la SAS era chiusa, il tenente Bourguignon informò i suoi superiori, di sua iniziativa rimandò gli uomini nella galleria di collegamento , cosa che venne confermata dagli ordini ricevuti, ordini che comandavano di rioccupare la caponiera dell’ingresso del blocco 2 e preparare uno sbarramento nella galleria.
Alcuni volontari risalirono nel blocco 2 dove gli incendi si stavano propagando rapidamente, raggiungendo le munizioni stoccate alla base delle torrette, incendiandole, anche i letti della camerata presero fuoco,generando un denso fumo acre che invase la galleria di collegamento mischiandosi all’ossido di carbonio dovuto all’esplosione delle munizioni.
Il comandante dell’opera e il suo vice, conformemente agli ordini ricevuti, ordinarono di ostruire la galleria di collegamento, usando delle casse, contemporaneamente i pionieri tedeschi gettarono attraverso le feritoie altre cariche e con la carica di 40 chilogrammi applicata sul fianco della torre corazzata a scomparsa, la fecero saltare;ata, il soffio di queste esplosioni divelse lo sbarramento fatto di casse proiettandole ad alcuni metri di distanza.
La distruzione dello sbarramento rivela la porta SAS interna del blocco 2 era aperta, la presenza di fumi tossici nella galleria vuol dire che la surpressione creata dai ventilatori del blocco 1 era ormai insufficiente, l’aria era irrespirabile e gli uomini che si trovano nella galleria dovettero mettersi la maschera anti-gas.
Gli ufficiali si resero conto del danno arrecato dalla porta aperta, venne mandato un volontario ( o alcuni) a richiuderla, infatti, i rapporti dei tedeschi sono espliciti: al loro ingresso nel blocco2 la porta era chiusa.
La distruzione di tre delle quattro torrette del blocco 1 ,il conseguente propagarsi degli incendi e il fumo dovuto a questi ultimi obbligò gli uomini di presidio al piano superiore a scendere nella galleria di collegamento, lo sgombero avvenne anche se la camera di tiro del cannone controcarro era intatta; vennero chiuse le porte sas interne (queste isolavano solo il piano superiore da quello inferiore e dal resto della fortificazione).
Ricordiamo la corrente d’aria naturale che spirava dal blocco 1 verso il blocco 2 e che il gruppo di ventilazione e filtraggio di quest’ultimo blocco serviva a purificare l’aria della galleria;se la ventilazione era ancora attiva, invece di purificare l’aria immetteva, coadiuvata dalla corrente d’aria naturale, fumo e gas delle esplosioni nella galleria.
Dobbiamo chiederci se il comandante del forte fece errori : di certo all’abbandono del blocco 2 reagì ordinando che gli uomini ridiscendessero nella galleria, eseguì gli ordini cercando di bloccare la galleria e facendo rinchiudere la porta SAS del blocco 2.
Non siamo certi se, dopo la distruzione del blocco 1, discese nella galleria da dove, attraverso un postazione telefonica secondaria, poteva mettersi in contatto con i suoi superiori o se restò nel suo posto comando situato al piano inferiore del blocco dove venne trovato.
Dal diario del comando di Chesnois sappiamo che Bourguinon chiese più volte di poter abbandonare il forte gli fu risposto;“un forte della Linea Maginot è come un sommergibile, nessuno esce da un sottomarino, si affonda con esso”. Alla domanda di come agire nel caso che l’equipaggio si fosse ammutinato e avesse tentato di uscire, gli venne risposto di gettare le chiavi del forte nel fossato diamante
Possiamo fare decine di altre ipotesi sui fatti che portarono alla perdita di 104 uomini nota 36 uniche cose sicure sono: l’inedeguatezza della fortificazione, il comportamento dei comandi francesi , le incomprensioni con la fanteria di appoggio e con l’artiglieria che doveva coprire il forte.
I poveri resti di questi sfortunati uomini ebbero una frettolosa sepoltura tra 8 e l‘ 11 giugno quando una compagnia di disciplina tedesca portò fuori dal forte i cadaveri in decomposizione passando dal blocco 2; parte di essi furono sepolti in una fossa comune in un frutteto nei pressi del villaggio di Villy, altri nei pressi del blocco 2 , nel 1941 durante la traslazione dei caduti in piccolo cimitero militare sempre nei pressi dell’opera si scoprì che mancava 20 spoglie tra il numero presunto dei componenti dell’equipaggio e i corpi ritrovati. nota 37
NOTE
nota 35 I Battaglioni Pionieri tedeschi erano truppe del genio addestrate al combattimento, all’attacco delle fortificazioni e esperte nell’uso degli esplosivi, queste truppe che nel lessico comune vengono chiamate Genio Pionieri d’Assalto, furono quelli che mancarono all’esercito italiano nel giugno del 1940 quando sarebbero state utili a neutralizzare le fortificazioni francesi durante la battaglia delle Alpi, Per la cronaca la specialità fu creata in seno all’esercito italiano nel luglio 1940, denominata “Genio Guastatori” traendoli dal genio artieri addestrandoli in una apposita scuola e modellandoli sull’esempio dei loro colleghi tedeschi e quindi preparandoli ad avvicinarsi alle opere fortificate e al collocare cariche esplosive.
nota 36 a tutt’oggi le autorità francesi non hanno fornito il numero esatto degli uomini che componevano l’equipaggio della PO de La Fertè. Il primo che si occupò dei combattimenti e dei morti de La Fertè fu il colonnello Rocolle nel suo libro “il beton a-t-il trahi” egli sostiene, basandosi sui rapporti tedeschi, che i cadaveri portati alla luce fossero 144 circa ma in un altro rapporto la cifre variano da un minimo di 127 a un massimo di 185. Jean Bernard Walh nel suo libro “ Il étais une fois La Ligne Maginot”scrive di 107 uomini, nel colossale libro in 5 volumi “ La Ligne Maginot” gli autori Jean-Yves Mary,Alain Hohnadel e Jacques Sicard sostengono che l’equipaggio era di 104 uomini
nota 37 Il giornalista Roger Bruge, famoso storico della Linea Maginot, nel primo dei suoi tre libri “ FAITES SAUTER LA LIGNE MAGINOT” in un lungo paragrafo e in una nota, a mio avviso, da una spiegazione esauriente di questo mistero. Bruge scrive: nel luglio 1941 un gruppo diretto dal signor Collin,presidente del “Souvenir Francais”, in 10 giorni riesumò i corpi sepolti nella fossa comune del vigneto nei pressi di Villy.il signor Barbier si occupò del lavoro e il signor Gavisse, istitutore a la Fertè sur Chiers procedette al riconoscimento rilevando sulla piastrina di identificazione i nomi dei sepolti.
Degli 80 cadaveri esumati, 14 non poterono essere identificati subito, undici lo saranno dopo una seconda esumazione. Davanti al blocco 2 si scoprirono alcune croci di legno sulle quali era scritto in tedesco “ qui riposano dei soldati francesi sconosciuti”, nella fossa verranno rinvenuti degli scheletri ingarbugliati nei quali il signor Gavisse conterà sei bacini per cui dedurrà che i corpi rinvenuti sono 6, nel fosso diamante del blocco venne ritrovato un altro scheletro. Ora sommando gli 80 della fossa, i 6 del blocco 2 e 1 del fosso diamante si arriva a 87, ritenendo l’effettivo dell’opera di 107 uomini, ne mancano 20 (se 104 ne mancano 17).
Non vennero ritrovati i corpi del tenente Bourguignon, del dottore Fontaine, dell’aiutante capo Surmonne e dell’aiutante Sailly. il signor Gavisse.
Supponeva, in una lettera inviata al giornalista, che questi uomini fossero morti nei piani superiori dei blocchi, pertanto furono sepolti prima degli altri. Il luogo della sepoltura non era segnalato, nell’autunno del 1941 ho cercato, dice sempre il signor Gavisse, nei dintorni dell’opera, ma non avevo dei mezzi adatti allo scopo e i tedeschi sorvegliavano in permanenza la PO, per poter proseguire nella ricerca oltre ai mezzi avrei dovuto avere un permesso speciale.
La teoria dell’istitutore di La Fertè è la tesi più probabile, i soldati dell’unità di disciplina, visto il notevole grado di decomposizione dei corpi, hanno interrato questi ultimi corpi in un cratere fatto da un proietto.
I mezzi più potenti e qualche centinaia di prigionieri tedeschi, scrive Bruge, il governo francese nel 1945 li aveva, non è stato fatto nulla.
Nel dopo guerra il figlio del tenente Bourguignon,Yves,aiutato dal sig Hans Nolke, soldato della compagnia Germer,ha trovato un sottufficiale della compagnia di disciplina che si occupò della sepoltura degli uomini morti nel maggio 1940.
Il sig Wilhelm Peinemann, il 10 giugno 1973 ritornò sul posto e indicò il luogo di un ulteriore sepoltura. Il 9 luglio furono intrapresi ufficialmente le ricerche, in serata vennero ritrovati 9 corpi e altri 7 il giorno successivo .Solo dodici di essi furono identificati, tra questi il tenente Bourguignon e il medico Fontaine (87 uomini ritrovati nel 1941 e 16 ritrovati nel 1973 fanno 103. mistero!)
I tre libri scritti negli anni 70 dal giornalista Bruge, sono i primi che hanno affrontato, a fondo, le vicende che hanno riguardato la Linnea Maginot, sono fondati su un enorme epistolario, la cui provenienza l’autore,cita nelle note a piè di pagina, cita inoltre i diari storici delle unità combattenti sia francesi che tedesche , unico difetto per noi italiani essere scritti in francese e la difficoltà nel trovarne delle copie.
Chi volesse cercare questi libri consiglio internet e di rivolgersi all’editore Heimdal o alla libreria Historie et Fortifications Paris.11 Place du Calvarie Les Moutieres 44120 Vertou France .
I libri: Faites sauter la Ligne Maginot, On a livré la Ligne Maginot, Offensive sur le Rhin.